Il mito del carro e della sua ruota solare

SolvognFin dai tempi antichi, il Sole viene raffigurato come un carro trainato da cavalli o comunque con un disco solare che ricorda molto la ruota di un carro.

Il concetto è cronologicamente più recente rispetto alla barca solare egizia e corrispondente all’espansione indoeuropea a seguito dell’invenzione del carro nel II millennio a.C. Esempi sono:

Il sole stesso è stato raffigurato come una ruota, come riportato nel greco hēliou kuklos, in sanscrito suryasya cakram e in anglo-sassone sunnan hweogul.

Nell’Ebraismo sono presenti questi due ultimi simboli. Secondo la Bibbia, Enoch (bisnonno di Noè) ed Elia furono rapiti in Cielo: il primo dopo 365 anni, numero corrispondente ai giorni di “rotazione” in un anno solare, il secondo per la sua ascensione celeste con «un carro di fuoco e cavalli di fuoco».

Nella mitologia greca ritroviamo questa raffigurazione nel carro di Apollo e in quello di Elios, facenti parte dei culti collegati al Sole. In particolare vi è un mito quello di Fetonte che voleva dimostrare a Epafo un re dell’Egitto, di essere veramente un essere divino. Chiese quindi a suo padre in prestito il carro per dimostrare la capacità di saperlo guidare, ma non aveva ancora maturato l’esperienza nel fare ciò così combinò solo dei guai. Si era troppo spinto in alto creando così la Via Lattea (uno dei tanti miti su la sua creazione) oppure si spinse troppo in basso creando il deserto della Libia. Zeus infuriato lo colpì con una folgore facendolo precipitare e provocando così la sua morte.

Altro mito legato al carro è quello di Platone, Mito del carro e dell’auriga o semplicemente detto il carro alato. Esso è tratto dalla sua opera Fedro. Esso serve a spiegare la teoria della reminescenza dell’anima, un fenomeno che durante la reincarnazione produce ricordi legati alle vite precedenti.

Racconta di una biga su cui si trova un auriga, personificazione della parte razionale o intellettiva dell’anima (logistikòn). La biga è trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e uno nero: quello bianco raffigura la parte dell’anima dotata di sentimenti di carattere spirituale (thymeidès), e si dirige verso il mondo delle Idee; quello nero raffigura la parte dell’anima concupiscibile legata alle emozioni (epithymetikòn) e si dirige verso il mondo sensibile. I due cavalli sono tenuti per le briglie dall’auriga che, come detto, rappresenta la ragione: questa non si muove in modo autonomo ma ha solo il compito di guidare.

La guida deve essere diretta verso l’iperuranio, un luogo metafisico dove risiedono le idee, lo scopo dell’anima è quello di assorbire le idee contemplando questo luogo metafisico. Quindi l’auriga deve essere capace di mantenere la guida verso l’alto, tenendo a bada quello nero e spronando il cavallo bianco. Il tutto per evitare che la biga precipiti il più tardi possibile scongiurando così la “reincarnazione”.

Chi è precipitato subito, rinascerà come una persona ignorante o lontana comunque dalla saggezza filosofica mentre chi è rimasto più a lungo a contemplare l’iperuranio rinascera come una persona saggia e filosofica.

Si suppone quindi che la lama dei Tarocchi che rappresenta il Carro, sia legata a doppio filo con entrambi questi miti. Ovviamente tale argomento fù ripreso negli studi neoplatonici dal Rinascimento in poi.

La metafora della carrozza (carro) riproposta da Gurdjieff

Questo filosofo esoterista del secolo scorso riprende il mito dell’auriga platonico, rappresenta l’essere umano come una carrozza, vi è sempre un cocchiere ma in questo caso vi è anche un passeggero.

E’ la rappresentazione ideale, e ancora attualissima, dell’essere dormiente, ovvero di colui che non decide la direzione della propria vita, ma ne è succube, condizionato dalle forze esterne che influenzano il proprio percorso. Vedesi appunto il mito di Fetonte sopraccitato.

Gurdjieff, nel suo libro “Vedute sul mondo reale”, paragona l’essere umano ad un veicolo destinato al trasporto di un passeggero. Un veicolo definito carrozza che rappresenta il corpo fisico, trainato da cavalli che sono le emozioni, guidato dal cocchiere che è la mente, mentre il passeggero è l’anima (o coscienza).

Quando il cocchiere (la mente) è confuso e non sa dove andare, la carrozza (il corpo) viene guidata dai cavalli (le emozioni) che automaticamente la trainano, senza una direzione alcuna, mentre il passeggero (l’anima coscienza) dorme.

E se la coscienza dorme, quanta consapevolezza possiamo avere di quello che facciamo, diciamo e decidiamo? Come può il cocchiere dare le opportune istruzioni ai cavalli se non sa dove dirigersi?!?

E per sapere dove andare ha bisogno di ascoltare la voce del passeggero (anima), così da prendere in mano le redini e guidare i cavalli nella direzione desiderata.

Conclusioni personali

Quindi il carro non è solo legato ai movimenti del Sole, ma viene utilizzato da metafora per far comprendere al profano su come deve risvegliarsi e ritrovare la propria consapevolezza, ritrovando il proprio Sè assopito e dormiente. E diregersi verso una meta che lo “illumini”, dirigendosi con questo “carro” in alto verso la Luce.

Un caro saluto, a presto.

Giacomo

 

 

 

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